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Il decalogo del buon demagogo

“Gli immigrati ci invadono”. E la platea si infiamma. Sembra di essere ad Annozero o a Porta a Porta, invece siamo all’incontro “Demagogia: la deriva populista della democrazia”, a cura dell’associazione Ludwig in collaborazione con gli allievi della Scuola Holden. Due attori, nascosti tra il pubblico, accendono la discussione sul tema immigrazione, a riprova che ormai “il litigio è in modalità automatica”.

L’escamotage è servito ai due relatori del laboratorio, Marzia Camarda e Simone Lattes, entrambi membri di Ludwig, per spiegare quali sono le caratteristiche del linguaggio demagogico che potrebbero essere riassunte in: semplificare, terrorizzare, promettere e far dimenticare. La mission del demagogo, infatti, è quella di fare leva sulle emozioni e i pregiudizi della gente per trascinare le masse a proprio vantaggio personale.

E come fa tutto questo? Il segreto sta nel semplificare il più possibile il linguaggio e puntare sullo scontro verbale. Il demagogo deve cercare di creare un senso di allarme perenne per dare l’idea di essere l’unico in grado di risolvere il problema. E se non dovesse riuscire a mantenere le promesse, è meglio distogliere l’attenzione su qualcos’altro, bombardano i cittadini di informazioni ma sempre tenendo ben lontani i dati, ovvero la verità. Un piccolo tuffo in quello che fa quotidianamente la nostra classe politica, senza che ce ne rendiamo conto, perché siamo ormai assuefatti al circolo vizioso della demagogia.

Carlotta Addante, Master in Giornalismo di Torino

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